AMAReCORD #4/2015: Edda

AMAReCORD – La Musica racconta la musica è uno spazio nel quale i musicisti raccontano il disco di un altro artista o gruppo (del passato o contemporaneo). Vogliamo creare una piccola raccolta di brevi racconti scritti da chi la musica la fa: il primo approccio con quel particolare disco, le influenze che ha eventualmente avuto sulla sua musica e l’analisi di alcuni brani. Un modo per far rivivere i dischi che hanno fatto la storia della musica e anche un modo per esplorare album più di nicchia, oltre a poter conoscere meglio l’artista che gentilmente si cimenta nella scrittura dell’articolo.

Quarto ospite di questo ciclo è Edda, uno dei protagonisti dell’annata passata con il disco Stavolta Come mi Ammazzerai?. Ecco un estratto della nostra recensione a cura di Matteo Moca:” Il più bel disco del 2014, un disco che forse (purtroppo) non farà scuola ma che regala a chi lo sa ascoltare emozioni indescrivibili“. Il 30 Gennaio partirà il suo tour invernale; le date le trovate nell’immagine che segue

Edda “cambia” le regole di AMAReCORD;  ha costruito una playlist di canzoni che avrebbe voluto trovare su un disco solo per renderlo il disco (doppio) perfetto. Ecco la sua interessante lista commentata.

Matia Bazar – “Ma Perché”. Sanremo 1977.

Stanno per finire gli anni di piombo, in Italia ci siamo già rotti i coglioni da un po’ di terrorismo bianco rosso nero azzurro e fuxia e ci viene da dire ma perché? ma soprattutto e che cazzo. Poi io credo che con Stellita ho avuto una fidanzata in comune: io per pochi giorni, lui per quasi una vita. Se mai un giorno riuscissi a scrivere una canzone così prometto 80 € a tutti più un pompino. Gesù Giuseppe e Matia siate la salvezza dell’anima mia.

Gianfranco Manfredi – “Ma chi ha detto che non c’è” 1977.

I compagni le manifestazioni la scuola la voglia di rivoluzione perché addosso ci si sente la morte. Ma il nemico non è lo stato capitalista o la polizia o i San babilini. Chi è il nemico? Molti non lo sanno, né lo capiranno in questa vita o nelle prossime duemila. Io adesso lo so ma a voi non ve lo dico. È un segreto aperto a tutti ma come dice Totò “Italiani ARRANGIATEVI!”. Gianfranco Manfredi un poeta metropolitano, la sua canzone un manifesto dell’anima.

Stiff Little Fingers –  “Alternative Ulster”.

Sono stato in Irlanda del Nord per tentare di disintossicarmi. Mio padre mi diede due soldi e scappai in un tempio Hare Krishna vicino a Enniskillen. In realtà era un’isoletta nel mezzo di un fiume. Eravamo in pochissimi e mi sembrava di essere in paradiso. Fuggii subito ma quel posto era davvero incantato.

Kaos Rock – “Basta basta” 1979.

Quando morì Demetrio Stratos andai al concerto in suo omaggio all’Arena. Stefano Cerri suonava da Dio con Finardi. Il giro di basso di “Extraterrestre” è suo. Avevo il disco di quel concerto e le canzoni che mi piacevano di più erano “Hold on” di Finardi e “Basta Basta” dei Kaos Rock.

Area – “Hommage à Violette Nozières”.

Sono diventato Hare Krishna per colpa di un acido con mia nonna, Paolo Tofani, gli Area e questa canzone. In fondo me lo meritavo.

Napoli Centrale – “Campagna” 1975.

Per essere uno che non sa fare neanche il giro di do con la chitarra devo dire che mi piacciono i bravi musicisti soprattutto quelli sporchi e neri a metà.

Alan Sorrenti – “Sienteme” 1976.

Immenso. Ho una fascinazione per chi usa il dialetto io che sono di madrelingua inglese e di padre bucchino.

Frankie Goes to Hollywood – “The power of love” Sanremo 1985.
Come potrò mai dimenticare l’impressione che mi fece questa canzone? Vivevo con la nonna e tutte le Sante Notti mi drogavo. Anche quella notte ero fattissimo, accesi la tv e vidi la voce di Dio.

Matia Bazar – “Cavallo Bianco” 1976.

I Pink Floyd italiani. Permettetemi e che Dio mi perdoni.

Malgioglio Cristiano-  “L’importante è venire”(“L’importante è finire” ndr)
La canzone perfetta. L’ha cantata Mina ma l’ha scritta lui. Un genio.

I Vianella – “Semo gente de borgata”.

Un’Italia in bianco e nero la mia apparizione sul pianeta terra, venuto da chissà dove e con un carico d’angoscia tipo autotreno. Credo l’abbia scritta Franco Califano.

Stormy Six – “Stalingrado”.

L’impegno politico mi ha sempre colto in fuori gioco. Perché in fondo sono un umanista e i morti non hanno colore come disse un giorno Almirante. Berlinguer che era presente nella stessa tribuna politica, annuì e per la prima volta capii le loro parole.

Jannacci – “Io e te” 1979.

Per me non c’è De André che tenga. Il poeta ce l’abbiamo noi. A voi solo la nebbia.

Cochi e Renato – “E la vita, la vita” 1974.

Un’Italia in bianco e nero, sono ancora un bambino e la domenica sento un’angoscia da tossicodipendente all’ultimo stadio. Non capivo cosa fosse, probabilmente era la vita, la vita.

Elio e le storie tese –  “Servi della gleba” 1992.

Non mi serve leggere Freud, questa canzone spiega tutta la mia sessualità.

Venditti  – “Giulia” 1978.

Non è il mio cantautore preferito ma ogni tanto mi lasciava basito. Anche Modena mi piaceva tanto. Il sax di Gato Barbieri faceva la differenza. “Sotto il segno dei Pesci” è uno dei dischi italiani della mia adolescenza  non l’ho mai comprato, perché di Venditti sono diffidente.

The Jam – “Beat Surrender”.

Genova, Londra le città dove avrei voluto nascere e Marcheschi ascoltava questa canzone e io capivo che avevo sbagliato nazione a nascere in Italia.

Julian Cope – “Trampolene”.

Nell’86 ero a Londra con gli Hare Krishna, ma di notte scappai dal tempio per andare a vedere il suo concerto. Bellissimo.

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