Iosonouncane è tornato. Alla fine di marzo è uscito DIE, successore dopo 5 anni di “La macarena su Roma”. Dopo un giro nel Nord Italia, Jacopo arriva a Firenze, al Glue, pieno di addetti stampa, scrittori musicali e musicisti, a sottolineare, se ce ne fosse bisogno, la grande attesa che si è creata attorno a questa seconda opera. “DIE” è un disco di rottura, abbiamo cercato di evidenziarlo nella nostra recensione, un disco nuovo e differente dal predecessore: più composito, più potente, più lirico e meno diretto. Vedere come Incani lo renderà dal vivo è uno dei fattori più grandi dell’attesa.
Innanzitutto prima e fondamentale precisazione: sul palco, occupato nel suo centro dal tavolo da lavoro del musicista sardo, solo Jacopo. Una scelta interessante, anche per quello che mi ha detto prima del concerto, ovvero la necessità sentita di suonare, almeno per le prime date, il nuovo disco da solo. Una decisione che, come si vedrà, con lo scivolare delle tracce si capisce come necessaria. Il cane si presenta sul palco con il suo fidato parka, che gli ha fatto compagnia nello shooting fotografico del disco. Cappuccio sopra gli occhi, chinato sui suoi strumenti, dopo un’iniziale introduzione massicciamente elettronica, inizia a prendere vita il magma sonoro di “Tanca”, traccia di apertura di “DIE”. La potenza che il pezzo sprigiona sul disco è moltiplicata dal vivo, con le casse che sputano bassi gonfi e rimbombanti e la base elettronica di fondo estremamente precisa (cosa da evidenziare è la padronanza musicale di Incani che riesce a tenere tutto sotto controllo, sparando con volumi elevatissimi, merito anche del fonico del disco che lo accompagna in queste date). Nel momento in cui il testo si conclude per riaprire la parte strumentale, Incani alza lo sguardo verso il pubblico e lì si capisce la necessità di suonare solo; una gestazione lunga, il ritorno in Sardegna, il lavoro nei campi con zio Giovanni, la stanchezza per 250 date in 3 anni e la voglia di possedere queste nuove tracce, viverle suonandole finalmente davanti ad un pubblico; tutto questa risiede dietro quello sguardo.
La scaletta prosegue seguendo l’ordine del disco e quindi con la bellissima “Stormi” dove la voce si inerpica nei luoghi più alti, “Buio”, “Carne” e “Paesaggio” che formano un unico flusso sonoro, continuamente in mutazione, un maelstrom in cui è impossibile non rimanere invischiati e fare movimenti più o meno convulsi (una, se così la si può definire, ma sicuramente rende il concetto, ballabilità sorprendente per ogni traccia, piena di ritmi potenti, stratificati ed elaborati). La conclusione è, come da copione, affidata a “Mandria” che dal vivo riprende ancora di più il discorso dell’iniziale “Tanca”, dando una ciclicità al live, sparando dei bassi spaventosi, accresciuti nel lungo intermezzo strumentale nel quale il pezzo si trasforma in un subbuglio techno-rumoristico.
Dopo il classico “fuori, fuori” urlato dal pubblico più becero (che purtroppo non manca mai), Incani riapre il disco precedente e regala “La macarena su Roma”, intessuta con basi nuove o forse solo più potenti, e una meravigliosa “Il corpo del reato”, per chitarra e voce, degna conclusione di un concerto che ha mostrato la voglia di Incani di tornare sul palco e la maturità stilistica raggiunta, sottolineata ancor di più dai testi del nuovo disco che dal vivo rendono perentoriamente il loro senso; un’opera di cantautorato finissima e superiore a tutto ciò che si sente oggi.
Uscendo e ripensando al potentissimo concerto, si concretizza sempre più prepotentemente l’idea di aver assistito al concerto del miglior musicista che la musica italiana abbia oggi. Lo conservi ad imperitura gloria.