Un concerto dei Ministri è una botta di vita. Anche quando, come in questa occasione fiorentina, manca per un problema fisico uno dei musicisti. L’assenza del batterista Michelino si fa sentire fino ad un certo punto, perché gli altri membri allestiscono una scaletta ad hoc (con ospiti vari) che alterna brani tirati a ballate acustiche e per il resto si danno alla platea con gli ingredienti che fanno dei Ministri una band da amare: belle canzoni ed energia infinita.
Sala piena, concerto puntuale dopo l’apertura di Pan del Diavolo e Fast Animal And Slow Kids, più volte ringraziati da Davide sul palco. Si parte subito, dopo l’ovazione iniziale, con una tripletta da brivido di rock tiratissimo: l’inno disperato di “Cronometrare la polvere” e i suoi incipit nichilisti come “fare progetti o farne sempre di meno, fare l’amore o farlo sempre di meno”; il manifesto generazionale di “Comunque”, entusiasmante anche dal vivo; la meraviglia di “Alberi”, una delle più belle canzoni italiane degli ultimi anni. Già da questo inizio si capisce perchè i Ministri sono i veri cantori della generazione dei trentenni: incazzati, delusi, disorientati. Ma non c’è solo questo nel concerto, perché si prosegue con delicate o tristi ballate come “Lei non deve stare male”, che permettono alla band di fiatare e di confermare il talento nella scrittura di melodie commoventi. E ancora, senza risparmiarsi, le urla di “Idioti” e “Spingere”; i bis con una cover fatta bene di “Alexanderplatz” di Battiato e a chiudere la dolente “Abituarsi alla fine”, che il pubblico canta e sembra non finire mai.
L’amore del pubblico, l’energia a profusione, una band in stato di grazia che adesso raccoglie i frutti di un impegno costante ad alti livelli. Basso chitarra batteria e voglia di urlare, pogare, piangere, che trascina tutti, giovani e meno giovani. Bravi Ministri.